Venite a sbirciare nel retrobottega di Spazio Cofò!
Scoprite com’è nato, chi c’è dietro, quali sono i loro pregi e difetti e molto altro in questa brillante intervista doppia ai Coworking Manager: Matteo e Micaela.
Che cosa significa per voi Coworking?
Matteo
Coworking per me vuol dire principalmente relazione. Relazioni fra persone, relazioni fra realtà, relazioni fra idee.
Micaela
Significa condivisione non solo di spazi, ma anche e soprattutto di visioni, di reti personali e professionali, di idee e strumenti, di possibilità.
E Cofò, che significato ha?
Matteo
Cofò è una sfida.
Creare un Coworking molto piccolo in una villa del settecento fuori Milano può non sembrare un’idea vincente per molti motivi, dai costi di gestione alle implicazioni del Coworking “di provincia”.
Ma è una sfida che la nostra associazione ha tutte le intenzioni di vincere, ampliando le offerte dello spazio e mettendo come fondamento del successo la relazione umana.
Micaela
Cofò è la realizzazione concreta di un modo di lavorare.
Siamo un’entità ibrida: un’associazione che lavora profondamente in ambito non profit ma con diverse attività profit che servono a sostenere i nostri progetti sociali.
Come associazione abbiamo sempre dedicato molto tempo alla costruzione di reti di collaborazioni con le altre realtà territoriali, perché crediamo fortemente che le reti professionali siano quella marcia in più che fa la differenza; non è stato, quindi, per niente complicato, traslare la nostra vision anche sulla gestione del Coworking.
Quando è iniziata la storia del vostro spazio Coworking Cofò? Il vostro ricordo più speciale di quel periodo.
Matteo
È difficile dare una data precisa per l’inizio della nostra storia.
Tecnicamente inizia il 1° marzo del 2018, quando siamo entrati ufficialmente nello spazio.
Ma ci sono altre date importanti: personalmente ho cominciato a frequentare lo spazio già a novembre 2017, per conoscere i nostri futuri coworker e le realtà che gravitavano attorno a Cofò.
Un’altra data importante (e che forse può essere definita come l’inizio della storia del nostro spazio di Coworking) è maggio del 2019, a cui è collegato anche il ricordo forse più speciale.
Per tutto il 2018, prima che cominciassimo a gestire noi lo spazio, i nostri coworker erano persone selezionate dal Comune di Cinisello Balsamo.
A inizio 2019 ci siamo trovati in una situazione anomala: di tutte le persone che avevano frequentato lo spazio nell’anno precedente, nessuno avrebbe continuato.
Ci siamo resi conto quindi che il target selezionato in precedenza era un target non da Coworking: nessuno aveva un’idea imprenditoriale, nessuno utilizzava il Coworking per lavoro ma solo per hobby e per poche ore al mese, nessuno era disposto a pagare per un servizio.
A inizio 2019 quindi abbiamo dovuto ricominciare da capo tutto: dalla promozione all’identità dello spazio, dai rapporti personali e alle relazioni.
E in pochi mesi abbiamo visto i risultati: da maggio 2019, infatti, hanno cominciato ad arrivare persone, aziende, società, realtà che sarebbero poi diventate il cuore di Cofò.
Vedere ripagati gli sforzi fatti con grandi sacrifici è stato un momento importante: ci ha fatto capire che stavamo lavorando bene e la strada era quella giusta.
Micaela
La storia di Cofò inizia da un progetto, forse visionario visto che era il 2015, del Comune di Cinisello Balsamo: lo spazio di Coworking, infatti, è stato voluto e aperto dall’amministrazione.
Finalità ultima del loro progetto era trovare una realtà giovane e dinamica che lo gestisse.
Forse non immaginavano una realtà non profit, ma comunque abbiamo vinto noi il bando da loro emesso a fine 2017.
Il ricordo più speciale che ho è legato a un evento sull’editoria indipendente, precedente alla nostra gestione, forse era settembre/ottobre 2017, organizzato dalle due project manager del comune che si occupavano dello spazio.
Ci avevano chiesto una consulenza per quanto riguardava l’aspetto “ludico” dell’evento: a ogni “editore” era stato chiesto di inventare un cocktail che rappresentasse la sua attività e durante la serata i cocktail sarebbero stati assaggiati e votati dal pubblico.
Noi ci siamo occupati di “accompagnare” gli editori alla “scoperta” del loro cocktail-guida e abbiamo, di fatto, gestito il bar durante l’evento.
Beh, nonostante non sapessimo ancora che di lì a pochi mesi, avremmo passato più tempo lì che in casa nostra, già sentivo quelle mura estremamente familiari e accoglienti.
Perché Cofò è più di un Coworking?
Matteo
Beh, perché l’anima di Cofò non racchiude solo un Coworking.
Cofò ha al suo interno anche un piccolo bistrot, aperto alla cittadinanza, che permette di offrire un servizio, anche di portierato sociale, al territorio.
Ma Cofò è anche un luogo di cultura: moltissime sono state le iniziative organizzate la sera o durante i weekend.
Da mostre di artisti del territorio (che spaziano da fotografie, quadri, acquerelli, collage…) a presentazioni di libri; da spettacoli circensi a convegni; dal teatro da bar a eventi etnici: Cofò nel tempo è diventato anche un piccolo centro culturale.
Inoltre Cofò è anche un luogo di incontro e di aggregazione: moltissime realtà del territorio utilizzano lo spazio e collaborano con noi su diversi progetti sociali e culturali.
Infine, Cofò è diventato anche il centro delle attività e dei progetti della nostra associazione non profit.
Micaela
Questa è facile: perché a Cofò non si lavora solamente.
A Cofò succedono cose, si fanno incontri, si lavora è vero, ma non solo quello.
Si crea, ognuno a suo modo, opportunità, scambi e relazioni.
Chi sono e cosa fanno le persone che si incontrano a Cofò tutti i giorni?
Matteo
Per scelta non abbiamo creato un Coworking tematico, quindi i nostri coworker hanno professioni anche molto diverse fra loro.
Dalla società che si occupa di organizzare eventi e fiere internazionali, al libero professionista in ambito sanitario, dalla traduttrice giurata alla docente, dalla società informatica allo startupper in ambito digitale e fotografico: sono molteplici le anime che popolano Cofò.
Ci sono poi tutte le collaborazioni attive con altre realtà: dalle pedagogiste che offrono uno sportello gratuito di consulenze, ai tirocini e gli lpu attivi, alle associazioni del territorio che utilizzano lo spazio per trovarsi e discutere, alle nuove StartUp che supportiamo con percorsi creati ad hoc.
Cofò è quindi molto sfaccettato, è difficile dire chi sono le persone che frequentano lo spazio, anche se è facile dire cosa fanno: portano avanti le loro idee imprenditoriali e creano reti.
Micaela
Difficile da descrivere: ci sono i coworker, professionisti singoli o aziende che fanno base da noi e che principalmente usano lo spazio per lavorare.
E poi c’è il mondo che gira intorno a Cofò (soprattutto alla sala riunioni e al nostro bistrot) e che ovviamente si intreccia anche con i coworker: pedagogiste che offrono gratuitamente al territorio i loro servizi, studenti che vengono a studiare o leggere, giovani aspiranti imprenditori che ci chiedono di essere guidati, volontari di associazioni che organizzano le loro attività o che vengono proprio a svolgerle da noi (corsi di italiano per stranieri, formazioni professionali per ragazzi con disabilità, ecc.), stagisti e tirocinanti che ospitiamo come organizzazione…
Ancora: il pubblico degli eventi culturali, che in periodi “normali” riempiono il nostro calendario; e tutti i cittadini che utilizzano i nostri servizi di portierato sociale.
Domanda obbligatoria, ma risposta non scontata: che impatto ha avuto per voi la pandemia, e cosa state imparando da questi mesi?
Matteo
Ha avuto un forte impatto, ma penso che sia la risposta più scontata: non mi vengono in mente realtà che non hanno subito la stessa sorte in questa situazione.
Siamo rimasti chiusi per più di due mesi, ma non siamo rimasti fermi.
Abbiamo utilizzato questa chiusura forzata per riorganizzarci, per reinventarci e per mantenere attive e vive tutte le relazioni che abbiamo sviluppato negli ultimi anni.
Abbiamo avuto sempre più conferma che bisogna diversificare le attività, in maniera tale che anche se qualcosa si ferma, il resto può andare avanti e mantenere a galla l’associazione.
Micaela
Impatto fortissimo, nel bene (poco) e nel male.
Ci ha dato uno stop obbligato e importante per ripensare all’organizzazione operativa. Non al contenuto del nostro lavoro che, come associazione, non si è mai fermato.
Economicamente, inutile dire che i danni del periodo si sentono. Ma la nostra fortuna è avere una sostenibilità “aziendale” molto ramificata.
Dalla riapertura dello spazio a maggio, infatti, il pubblico del nostro Coworking e la nostra community non ha fatto che crescere; il bistrot, come centro di produzione culturale si è indubbiamente fermato ed economicamente per noi, incide non poco.
Però abbiamo imparato a avere pazienza e, soprattutto, a non smettere mai di produrre strategie alternative, idee, soluzioni, tentativi anche… è grazie a questo che resistiamo.
La community come ha preso le chiusure, i dpcm?
Matteo
Direi bene. Non abbiamo avuto nessun problema con i coworker e con le persone che abitualmente frequentano lo spazio quando abbiamo riaperto perché tutti hanno capito la gravità della situazione generale, e tutti si sono adeguati alle disposizioni vigenti.
Per correttezza, abbiamo congelato tutti i contratti in essere durante la chiusura, posticipando i contratti, senza gravare economicamente quindi sui coworker.
Micaela
Con grandissima consapevolezza e senza drammi.
Durante il lockdown non abbiamo mai smesso di essere in contatto e di comunicare.
Adesso, a ogni nuova regolamentazione, ci adattiamo ovviamente ma domandando ai coworker esigenze e necessità, così da fare di tutto per riorganizzare con minor disagio possibile.
E i conti del Coworking?
Matteo
Il Coworking in generale, dopo la chiusura forzata, ha ripreso a lavorare bene e ha una quota di occupazione molto alta, che ci permette di garantire le aperture previste e soddisfare le esigenze di tutti.
Purtroppo per noi non è possibile scindere i conti del Coworking da quello dello spazio, che essendo una villa del settecento ha costi di gestione molto alti.
I conti del 2020 non saranno di sicuro positivi, l’importante è comunque “reggere il colpo” e pensare già al 2021.
Micaela
I conti del Coworking sono positivi. Dalla riapertura, come ho detto, siamo sempre stati praticamente pieni.
Il nostro problema è che la struttura che abitiamo, una Villa storica del ‘700, ha costi davvero alti e per la sopravvivenza abbiamo necessità che tutti i nostri comparti produttivi funzionino: il Coworking, il bistrot, gli eventi, la formazione, le consulenze… e gran parte di queste cose al momento sono ferme o quasi.
Non voglio drammatizzare comunque, la nostra capacità di resilienza, che tradizionalmente arriva dal mondo non profit, è forte.
Certo è che bisogna continuare a inventarsi, reinventarsi e modificarsi ancora per reggere l’urto.
Spostiamo l’orologio avanti di 5-10 anni: vedete più o meno Coworking? E con quali caratteristiche?
Matteo
Vedo più Coworking rispetto a oggi, e penso che sarà sempre più fondamentale l’aspetto umano come caratteristica distintiva degli spazi condivisi.
Micaela
La mia capacità previsionale razionale credo rasenti, in una scala da 1 a 10, il 2, forse 2,5 ma proverò lo stesso a dire la mia: vedo molto più Coworking in futuro, ma meno legato all’esigenza di avere uno spazio di lavoro a basso costo…
Quello che “leggo” nei nostri coworker è l’esigenza, sì della postazione di lavoro, ma la voglia di lavorare in uno spazio accogliente per le relazioni e le possibilità non necessariamente legate al proprio ambito lavorativo.
Uno spazio “caldo”, più neutrale dello spazio abitativo, ma meno di un ufficio di 4 piani.
Vedo più voglia di community e meno di mera condivisione di spese.
Il senso di far parte di Rete Cowo®, per voi?
Matteo
Rapporti umani e condivisione di competenze ed esperienze.
Micaela
Se posso descriverlo con una metafora, mi immagino il senso di partecipare alla Rete Cowo® come una matriosca: noi piccola bambolina dentro una bambola/rete più grande, ma pur sempre piccola bambolina/rete che ne contiene altre a sua volta…
@Matteo: il miglior pregio di Micaela
Matteo
La sicurezza di sé, che deriva dal suo smisurato ottimismo.
@Micaela il peggior difetto di Matteo
Micaela
Matteo è terribilmente pessimista.
Ovvio che lo sia: lavora con i numeri dei nostri budget e dei nostri bilanci. Ma a volte, per non rischiare di sbagliare, si lascia spaventare dal suo stesso pessimismo.
@tutti e due: perché lavorate bene insieme
Matteo
Perché ci completiamo.
Micaela
Perché io sono terribilmente ottimista e se non ci fosse lui col il suo implacabile realismo, non starei mai coi piedi per terra.